venerdì 11 ottobre 2013

A che cosa serve la psicoterapia?

http://www.articolotre.com/2013/10/a-che-cosa-serve-la-psicoterapia/212585

Che cosa è la psicoterapia e a che cosa serve? Iniziamo col dire che la psicoterapia si svolge sempre sulla base di una relazione umana: nella stanza dello studio c’è lo psicologo e il paziente o i pazienti. Ogni problema psicologico, infatti, solitamente si scopre in una relazione e si cura attraverso relazione.
Lo scopo del rapporto terapeutico è quello di poter riconoscere e gestire le dinamiche della propria sofferenza. La cura può avvenire solamente in un clima di fiducia e comprensione; una volta riconosciute, grazie al percorso terapeutico, le origini e le modalità con cui si giunge alla condizione di disagio  il paziente è maggiormente in grado di cambiarle in modo autonomo.
Quindi la psicoterapia è una forma di aiuto che cura attraverso il rapporto interpersonale. In questo approccio la parola è più di una parola, è un contatto profondo. Lo psicoterapeuta ed il paziente mettono in gioco le loro personalità nello studio terapeutico, un luogo protetto e riservato per eccellenza. In questo ambito il paziente può sentirsi libero di parlare di se stesso ed esprimere completamente il suo disagio.
Il paziente porta un malessere esistenziale, che può presentarsi sotto forma di sintomi manifesti come ansia, depressione, fobie (claustrofobia, agorafobia, fobia sociale ecc.), attacchi di panico, o più in generale si esprime attraverso insicurezze, incapacità di prendere decisioni, o altri disturbi della sfera psicologica ed emotiva. Può anche trovarsi in un momento esistenziale difficile, in cui non riesce a far fronte a difficoltà più pratiche ed oggettive. Il suo peso riguarda perciò un'incapacità sul lavoro, in famiglia, nelle relazioni di coppia o nell'ambito della sessualità. Tutte aree in cui normalmente si presenta una situazione critica e ripetitiva, e dove un aiuto da parte di uno psicoterapeuta può essere fondamentale.

lunedì 2 settembre 2013

Mindfulness…ovvero VOGLIO STARE QUI E VOGLIO STARE BENE!


Il termine mindfulness significa consapevolezza. Il concetto, nel senso in cui lo conosciamo noi oggi, venne utilizzato per la prima volta da Budda oltre duemilacinquecento anni fa.
Budda suggerì di ri-apprendere a mettersi in contatto con la propria esperienza diretta senza la mediazione delle parole. L'esercizio regolare della mindfulness aiuta dunque a superare la tendenza a creare giudizi e preconcetti (buono, cattivo, giusto, sbagliato, etc.) per riappropriarsi della esperienza diretta, senza pregiudizi, senza chiusure, senza negazioni, senza rifiuti.
Secondo la definizione corrente data in ambito scientifico, il termine “mindfulness” si riferisce dunque ad una attenzione consapevole, intenzionale e non giudicante della propria esperienza. Indica il bisogno di  scegliere le nostre azioni e le direzioni da prendere in virtù dei nostri valori e di ciò che riteniamo più importante per noi stessi.
Questo concetto è alla base degli interventi psicoterapeutici basati sulla mindfulness.
La causa principale della sofferenza, infatti, consiste nell'assumere l'atteggiamento opposto, cioè nel rifiutare alcune emozioni e nel farsi guidare da automatismi inconsapevoli nell'azione.
La mindfulness è composta da una serie di  veri e propri esercizi o meditazioni formalizzate. Molti studi dimostrano che la pratica costante di tali esercizi o “meditazioni” ha profondi effetti sulla salute fisica e mentale.
Ciò si realizza attraverso tre abilità fondamentali che vengono apprese e coltivate con la pratica quotidiana:

  • Apprendere ad ancorarsi al momento presente, invece di essere coinvolti dalle emozioni catastrofiche, depressive o di bisogno compulsivo.
  • Apprendere a riconoscere i pensieri in quanto tali, e a non considerarli dati di fatto.
  • Superare la tendenza all’evitamento esperenziale, caratterizzato da atteggiamenti di fuga e di rifiuto nei confronti dei propri pensieri, emozioni e sensazioni fisiche. Questo obiettivo è correlato alla consapevolezza di poter scegliere le proprie azioni, e su cosa applicare il nostro impegno. Da questo punto di vista, la mindfulness è un potente stimolo in direzione dei propri valori personali e dunque alla esposizione alle situazioni e circostanze generalmente evitate.

lunedì 19 agosto 2013

IL FOCUSING

Un’ulteriore tecnica di rilassamento è il FOCUSING, letteralmente “messa a fuoco”.
 Ma al di là del rilassamento questa è una tecnica che porta ad un auto-raccoglimento che ha l’obiettivo di avvicinarci ad un nodo irrisolto interno, attraverso una serie di domande molto efficaci. Il focusing si basa sull’ascoltare il proprio corpo – in una situazione di concentrazione- e le sue reazioni di fronte ad una domanda fondamentale e centrale : “ come mi va la vita?”. Ci si focalizza sulla tensione che è sintomo del blocco e sulla situazione esterna che l’ha causata ( un litigio, un dispiacere, un lutto) e sulla sensazione che tutto questo scatena. Dall’immagine mentale si passa ad “ascoltare” l’emotivo, dove si sente e si scopre il blocco e le sue motivazioni profonde: “che cosa è che…mi fa fuggire…nascondermi….Provare questo….”. qui inizia la parte più complessa, ma anche più bella del lavoro: sostituire il permesso al blocco: “Ok, ora posso….chiedere scusa…sentire quello…fare questo….
Con un iniziale piccolo aiuto è un metodo che si impara velocemente e si può utilizzare in molte situazioni che ci provocano confusione e ansia.

Gagliardi Enrica Psicologa psicoterapeuta
                Telefono 338.6604351
                Via Cambiano 23; Pinerolo (TO)

                Enricagagliardi1@gmail.com

venerdì 26 luglio 2013

SERVIZIO DOMICILIARE MESE DI AGOSTO



in Agosto si intensifica il Servizio Domiciliare di Consulenza psicologica, lo potete richiedere senza alcuna maggiorazione di prezzo se avete disabili, anziani o persone che hanno difficolta' ad uscire con caldo, ma vogliono parlare di un momento di disagio. chiamate anche solo per info.
Servizi per il Benessere Psicologico
Gagliardi Enrica Psicologa psicoterapeuta
Telefono 338.6604351
Via Cambiano 23; Pinerolo (TO)
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lunedì 22 luglio 2013

COME E PERCHE' ACCADONO LE TRAGEDIE FAMILIARI?

-Enrica Gagliardi- 19 gennaio 2013- Di fronte a questi fatti di cronaca la coscienza popolare è scossa e molti mi girano la domanda che attanaglia i loro animi: “perché succede questo?Come mai la famiglia o la persona che conosciamo bene e che ci è vicina si scatena in una violenza omicida-suicida che fino ad un attimo prima non potevamo minimamente immaginare?”
Non è il “troppo amore” che uccide, non è l “momento di follia”, o comunque non sempre.
Sono invece emozioni trattenute, in particolare tristezza e rabbia.
Nella società, nella nostra cultura, ci sono emozioni che ci è permesso esprimere ed emozioni che ci hanno insegnato dobbiamo trattenere. Per gli uomini, di solito, l’emozione vietata è la tristezza; ci mette in difficoltà vedere un uomo che piange ed è in difficoltà lui nell’esprimere dolore.
L’emozione vietata alle donne è la rabbia. Le bambine arrabbiate, solitamente, non vengono incoraggiate ad esprimere il loro vissuto, ma etichettate come “maschiacci” e poco delicate, intrattabili. L’emozione non espressa trattenuta, la “collezioniamo”, “tratteniamo”.
Già negli anni ‘50, alcuni autori americani, hanno fatto un parallelo tra questa modalità di raccogliere emozioni e a raccolta dei bollini, quella del supermercato.
Parallelamente, come raccogliamo i bollini del supermercato, noi raccogliamo bollini di rabbia e di tristezza. E come per la raccolta del supermercato possiamo decidere di riscuotere dei premi minori o il premio finale. I premi minori possono essere una sfuriata, una litigata, del nervosismo, un incidente, una relazione persa o , a volte, anche ammalarsi e somatizzare; il premio maggiore è una tragedia, il più delle volte inaspettata, proprio perché il collezionare bollini avviene in silenzio.
Immagino la grande tristezza che ha potuto collezionare un padre e un marito di fronte ad una situazione in cui ci si sente, ed è, totalmente impotente, mentre vede gli anni, per lui, per sua moglie, e per sua figlia, passare velocemente senza una risposta per un domani.
Qual è allora la “prevenzione”?
Il discorso è molto complesso, ma importante. L’indicazione di massima è quella di riconoscere l’emozione che collezioniamo, che quindi non esprimiamo, e imparare a non collezionarla, o almeno a riscuotere , di tanto in tanto, dei premi minori…prendersi cura di tutto questo non è solo un’esigenza di alcune persone, ma è necessità di ognuno di noi per il proprio benessere e per il benessere degli altri.
 Che quello che accada possa avere davvero un valore di grande riflessione per noi tutti.
Enrica Gagliardi psicoterapeuta



martedì 16 luglio 2013

Coppia e morte. Accompagnamento alla separazione ed alla elaborazione del lutto

http://www.aiat.it/linea8/neopsiche.php?var=art&id=182

  • Abstract
    gli autori dopo una descrizione del processo evolutivo attraverso cui si forma la coppia, si soffermano su come un evento improvviso ed imprevisto come la diagnosi di una malattia a prognosi infausta, possa sconvolgere l'equilibrio creato nella coppia fino a quel momento e di come cambino sia i ruoli che l'organizzazione all'interno del sistema. Ne segue un approfondimento sull'approccio terapeut

  • per chi fosse interessato ad avere una copia gratis dell'articolo o a discutere sulla tematica può contattarmi al
  • 338.6604351
  • oppure enricagagliardi1@gmail.com

lunedì 8 luglio 2013

fate il vostro gioco..... LUDOPATIA, una piaga sociale

riporto l'intervista che mi venne fatta dalla giornalista Marta Foscale qualche mese fa sull'emergenza ludopatia.


La ludopatia, conosciuta anche come gioco d’azzardo patologico, è una vera e propria patologia medica che interessa il 3% della popolazione mondiale e, per quanto riguarda l’Italia, si parla di un milione e mezzo di giocatori seriali. Una vera e propria piaga sociale che lo Stato cerca di arginare, ma con scarsi risultati.
ludopatia-Marta Foscale- 22 gennaio 2013- Entri in una qualsiasi tabaccheria o in un qualsiasi bar e li vedi, tutti lì, con il naso all’insù ad aspettare la prossima estrazione del “10eLOTTO” o di “Win for Life” o di uno qualunque di quei giochi che sembrano così spopolare al tempo della crisi economica.
Per chi, come me, non se ne intende di questi “passatempi”, ma vuole approfondire l’argomento, basta semplicemente accedere al sito di Lottomatica affinché, davanti agli occhi, ti si apra un vero e proprio mondo legalizzato del gioco d’azzardo: gratta e vinci, scommesse, bingo, poker, tombola, giochi d’abilità di ogni sorta e genere a cui ogni utente può accedervi con qualche semplice clic. Ricordiamo che il gioco d’azzardo, al di fuori dei Casinò autorizzati, è vietato dall’art.718 del Codice Penale; eppure il “gioco pubblico”, quello di cui lo Stato è titolare, nonché principale beneficiario, come gli esempi sopra elencati, sono perfettamente legalizzati. Certo è che gioco pubblico o gioco d’azzardo; entrambe le categorie non sono esenti dall’essere un vero e proprio problema sociale nonché un pericolo per alcuni soggetti.
Si parla, infatti, sempre più spesso di ludopatia o gioco d’azzardo patologico (Gap); la ludopatia è una vera e propria patologia medica, una dipendenza, che stando agli ultimi dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, interessa il 3% della popolazione adulta mondiale, che per quanto riguarda l’Italia s’aggira intorno a un milione e mezzo di soggetti coinvolti. Una cifra non certo da sottovalutare soprattutto perché, dal totale della popolazione italiana, vanno sottratti i bambini e i più anziani.
Il gioco, compreso quello d’azzardo, è un’attività ludica definita di per sé normale; spesso il gioco viene visto come passatempo, come voglia di evadere, come sogno di facili guadagni in un periodo in cui tutto sembra andare a rotoli, ma per alcuni soggetti diventa presto una necessità, qualcosa di cui non si può fare a meno; non si è più semplicemente liberi di giocare, ma si è costretti a farlo.
La dottoressa Enrica Gagliardi, psicologa e psicoterapeuta, che si occupa anche di ludopatia, ci dice: “Il gioco patologico è un vero e proprio disturbo della personalità, caratterizzato principalmente dal fatto che il giocatore non riesce più a controllare i propri impulsi verso uno o più giochi. La patologia, via via che si sviluppa, influenza la vita quotidiana del giocatore, in un modo tale che la famiglia, il sesso, il cibo, diventano del tutto secondari”.
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, il DSM, uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali più utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, edito dall’American Psychological Association, associazione di categoria che rappresenta gli psicologi USA, classifica il gioco d’azzardo patologico tra i disturbi del controllo degli impulsi che comprendono, tra gli altri, cleptomania, piromania e altri disturbi.
Per capire più precisamente chi è il “ludopata tipo” chiediamo chiarimenti alla dottoressa Gagliardi: “Gli uomini, rispetto alle donne, manifestano una propensione maggiore, nonostante il gentil sesso non sia esente da questo tipo di patologia. Mentre gli uomini prediligono ippica, scommesse e slot machine, le donne, invece, preferiscono Bingo e Lotto. Di solito il ludopata è un signore di mezza età, di estrazione medio-bassa, ma la patologia sta iniziando a colpire anche i più giovani, a causa della facilità con la quale si può avere accesso al gioco”.
Ma quando ci si accorge che un individuo non gioca più per semplice svago o evasione, ma è diventato dipendente da esso? Il DSM elenca dieci sintomiche possono presentarsi nei comportamenti del giocatore patologico; se l’individuo ne soddisfa almeno cinque, allora siamo in presenza di un “giocatore seriale”: 1) Concern: il soggetto ha pensieri frequenti sul gioco d'azzardo. 2) Tolleranza: la necessità di fare scommesse sempre più grandi o più frequenti affinché l’individuo possa provare il brivido. 3) Astinenza,irrequietezza o irritabilità che si verificano quando ci sono in atto tentativi di ridurre o fermare il gioco d’azzardo. 4) Evasion: la negazione del problema. 5)Revenge: l’individuo cerca di recuperare le perdite subite nel gioco, continuando a giocare sempre di più. 6) Bugie: quando si nasconde alla famiglia o al terapeuta gli importi in denaro che si perdono al gioco. 7) Perdita di controllo: si riscontra quando la persona tenta di ridurre il gioco. 8) Atti illegali: l’individuo, quando non riesce più a far fronte ai debiti contratti a causa delle perdite al gioco o perché non ha più denaro da spendere al gioco, infrange la  legge. 9) Rischiare relazioni interpersonali: nonostante sia consapevole di perdere una relazione affettiva, il lavoro o qualsiasi opportunità significativa, il ludopata non smette di giocare. 10) Appello agli altri: la persona si rivolge ad amici o ai famigliari o ad altre persone per chiedere aiuto finanziario per continuare a giocare.
La ludopatia, per sintomi e caratteristiche, è del tutto simile alla dipendenza da sostanze stupefacenti che se sottovalutata può compromettere seriamente sia la salute che la qualità della vita. Oltre che a livello psicologico, la droga del gioco influisce anche a livello fisiologico sull’organismo; come ci spiega la Dottoressa: “Mentre si scommette, l’organismo rilascia delle endorfine e le sensazioni a livello neuronale sono in tutto e per tutto simili a quelle provocate dalla droga e dall’alcol. Di conseguenza, il giocatore patologico non si rende conto della situazione in cui si trova”.
Il fenomeno del gioco d’azzardo come patologia sta diventando una vera e propria piaga sociale, soprattutto per la facilità con cui ogni giocatore seriale può procurarsi la propria dose quotidiana; come sottolinea anche la Dottoressa Gagliardi: “I gratta e vinci, come anche le slot machine, si trovano ormai in ogni bar, i centri scommesse sono ad ogni angolo di strada e si può scommettere su ogni tipo di sport”. In altre parole è praticamente impossibile, per un giocatore seriale non essere tentato; alla facilità con cui si può “reperire la propria dose”, aggiungiamo poi, le pubblicità martellanti che quotidianamente vediamo in televisione, che ci ricordano come vincere sia così facile; con una sola monetina da un euro si può diventare milionari. Queste stesse pubblicità danno un forte risalto alla possibilità che ognuno possa cambiare la propria condizione economica e di conseguenza la propria condizione sociale; d’altronde non fanno altro che alimentare quel mito a cui tutti aspirano, secondo cui per essere davvero felici si deve possedere tutto e per possedere tutto, si deve avere il denaro per comprarlo.
Come detto all’inizio lo Stato, l’entità che dovrebbe proteggere i propri cittadini, è uno, ma non il solo, dei principali beneficiari dei proventi derivanti dal gioco. Secondo l’AAMS, L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, nel 2011 gli italiani, per giocare, hanno speso 80miliardi di euro, quasi il 5 per cento del PIL; slot machine e video-lotterie hanno pesato per il 56,3% del fatturato totale, gratta e vinci per il 12,7%, il Lotto per l’8,5%, le scommesse il 4,9%, il 3% è derivato dal Superenalotto, mentre il rimanente è da spartire tra bingo e scommesse ippiche.
Nel corso del 2011 le entrate totali derivate dal gioco d’azzardo sono fruttateallo Stato 13.7miliardi di euro, con una crescita di oltre un miliardo di euro rispetto al 2010; un significativo +8,4% che sale a +10,1% se si considerano le imposte indirette su lotterie, Lotto e simili. Un aumento questo che fa impallidire la crescita in altre categorie, come ad esempio la crescita dell’1,2%, rispetto al 2010, per le entrate totali del fisco.
Il 10 novembre scorso, il Decreto-Legge 13 settembre 2012 n. 158, il cosiddetto “Decreto Balduzzi”, per promuovere un più alto livello di tutela alla salute nel nostro Paese, è entrato ufficialmente in vigore. Grazie a questo Decreto la ludopatia entra di diritto a far parte dei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero tutti quei servizi e quelle prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire a tutti gli abitanti del nostro Paese; come però sottolinea la dottoressa Gagliardi, dallo stesso Decreto sono spariti i fondi che il Ministro Balduzzi intendeva mettere a disposizione per curare questa malattia. Quindi, in concreto, lo Stato non finanzierà nessun aiuto.
Sembra quindi che lo Stato italiano assuma due posizioni in nettacontrapposizione tra loro: se da una parte alimenta il gioco d’azzardo, facilitando in ogni modo le possibilità di giocare, inventando sempre più soluzioni diverse affinché la persona sia tentata, sia quasi portata verso il gioco; dall’altra, ha la responsabilità morale di aiutare, tramite il Servizio Sanitario Nazionale, coloro che sono affetti da ludopatia. Inoltre, e non è da sottovalutare, il giocatore patologico che accumula debiti per continuare a giocare, prima o poi adotterà soluzioni estreme per reperire il denaro necessario al suo scopo: piccoli furti o altri reati che per lo Stato avranno un ulteriore costo: “L’esistenza del reato dipende dalle circostanze, quindi dai facilitatori ambientali e dalla personalità interessata” sottolinea la dottoressa.
Partendo dal presupposto che lo Stato concretamente non ha ancora fatto nulla per contrastare una piaga sociale come quella del gioco d’azzardo che può portare al manifestarsi di una vera e propria malattia, la ludopatia, c’è quindi da chiedersi se abbia fatto i suoi calcoli e se abbia ritenuto che il costo del sostegno e dell’aiuto a un milione e mezzo di giocatori patologici sia nettamente inferiore rispetto al guadagno che può continuare a trarre dal gioco d’azzardo, non imponendovi un limite.

giovedì 4 luglio 2013

due parole su di me...

SERVIZI PER IL BENESSERE PSICOLOGICODott.ssa Enrica Gagliardi

Psicologa - Psicoterapeuta

 Salve, 
per chi non mi conosce ancora scrivo due (ma proprio due) parole su di me...
se volete rivolgermi domande e avete delle curiosità vi invito a contattarmi via mail o telefono.
e su Twitter @EnricaGagliardi
Grazie e un augurio di Benessere a tutti!

Sono una Psicologa Psicoterapeuta, specializzata in Analisi Transazionale,
mi occupo di psicoterapia individuale, di coppia, familiare e di gruppo e seguo disabili con ritardo mentale, presso il mio studio " Servizi per il Benessere Psicologico" a Pinerolo(TO).
Mi sono dedicata al sostegno psicologico ai malati terminali e alle loro famiglie, di selezione del personale presso più aziende.
Guido gruppi o singoli nell'apprendimento del Training Autogeno e della tecnica della Mind-fulness, entrambi  come forme di rilassamento, per combattere sintomi e stati ansiosi e per preparazioni sportive.
Nel tempo ho condotto numerosi Laboratori Esperienziali di carattere psicologico, con finalità di formazione e parallelamente, gruppi di lavoro volti a riconoscere e a potenziare, le risorse personali.  
Docente presso l' Unitre di Pinerolo, Piossasco, San Secondo, Villar Perosa.
Da anni propongo programmi volti a favorire il benessere psico-fisico, attraverso la co-conduzione di gruppi di lavoro, con l'obiettivo di pervenire ad un'integrazione qualitativa delle differenti discipline. Sono esperta nella comunicazione e nella formazione di gruppi di lavoro finalizzati a percorsi terapeutici e di approfondimento rispetto alle tematiche riguardanti la sfera del Sé e del disagio psicologico.

tel. 338.6604351


Mail: enricagaglardi1@gmail.com   


mercoledì 3 luglio 2013

ARTICOLO SULL'ANORESSIA, RICERCA E WEB




-Enrica Gagliardi9 febbraio 2013- Due recenti notizie hanno acceso la mia attenzione sia come psicoterapeuta che come donna.
La prima parla di come le modificazioni del nostro cervello “pesino” sui nostri comportamenti e sulle nostre scelte.
Come per la maggior parte dei problemi psicologici, anche nei disturbi dell’alimentazione, ci sono delle predisposizioni o comunque dei cambiamenti a livello neuronale che danno inizio o concretizzano la malattia.
Infatti, i problemi a visualizzare in modo corretto la propria immagine, tipici di chi soffre di anoressia nervosa sono dovuti a un'alterazione delle connessioni tra due aree del cervello implicate proprio nella percezione del corpo.
A dimostrarlo sono le analisi di risonanza magnetica funzionale condotte da un gruppo di ricercatori tedeschi su 10 donne anoressiche e 15 donne senza disturbi alimentari.
Per arrivare a questa conclusione gli scienziati hanno chiesto alle partecipanti di riconoscere tra una serie di fotografie proposte quella più simile alla propria silhouette.
Allo stesso tempo 10 individui non coinvolti nella ricerca hanno associato all'immagine di ciascuna partecipante quella della silhouette più simile.
Incrociando i risultati dei due test è apparso evidente che sia le donne anoressiche, sia quelle che non soffrono di disturbi alimentari hanno una percezione errata del proprio corpo.
Mentre, però, le seconde credono di essere più magre rispetto a quanto siano davvero, le prime si vedono più grasse.
Altro fenomeno importante e allo stesso tempo inquietante è quello dei blog e dei profili in cui le donne che soffrono di anoressia si scambiano commenti e “consigli” sulla loro dieta.
Per queste ragazze, il corpo è altro da sé, estraneo, nemico da tenere a freno.
La rete permette alle anoressiche e alle bulimiche di celarsi dietro uno pseudonimo trasparente in cui al nome reale sono affiancate parole chiave per riconoscersi ed essere riconosciute; alcune tuttavia si presentano con nome e cognome e nell`elenco degli amici compaiono fianco a fianco compagni di scuola e anoressiche di tutto il mondo. 
Il fenomeno valica, infatti, i confini nazionali e linguistici: italiane, slovacche, spagnole e americane parlano la stessa lingua, e si scambiano immagini di giovani attrici, modelle e ballerine pelle e ossa. 
Basta mettersi in contatto con un paio di adolescenti anoressiche per entrare a far parte del loro mondo, essere accettati in gruppi filtrati e ristretti dai nomi neppure tanto ambigui, come “amanti delle clavicole” e “ossa e muscoli”. 
E quindi mi sorge quasi spontanea una domanda:
“Una personalità senza questo tipo di disturbo, almeno apparentemente, può finire nel vortice dei disturbi alimentari anche a causa di un blog, perchè affascinata da questo? “.
Enrica Gagliardi psicoterapeuta


CHE COSA è IL BENESSERE PSICOLOGICO

CHE COSA è IL BENESSERE PSICOLOGICO?
il benessere psicologico si può pensare come valore fondante ed essenziale per vivere in armonia con se stessi e con gli altri.
esso passa dalla gestione dello stress alle dinamiche della coppia e della famiglia, dalla crescita dei figli al raggiungimento dell'equilibrio psicofisico con il training autogeno, dalla gestione armoniosa degli anziani e dei disabili in famiglia, allo sviluppo delle proprie attitudini e all'accrescimento dell'autostima, ma anche imparare un buon metodo per combattere l'ansia, affrontare i cambiamenti dell'adolescenza, ritrovare il benessere dopo l’alluvione o qualsiasi tragedia, imparare tecniche di rilassamento, affrontare la nascita di un bambino, sviluppare la propria personalità, elaborare le piccole e grandi perdite della vita e invecchiare bene!