venerdì 16 maggio 2014

IL BAMBINO CONSUMISTA

Il bambino consumista! Detto così sembra che stiamo parlando di un essere che utilizza tutto il suo potere e la sua scelta decisionale per essere un consumista. In realtà non è così. Il bambino non può essere consumista se non è indotto ad esserlo, per vari motivi. Il primo è che, anche se ha una sua capacità decisionale fin dai primi giorni di vita, utilizza questa per scelte di sopravvivenza e non certo per scelte filosofiche o in questo senso, di vita. Inoltre perché, proprio per la sua sopravvivenza, sono fondamentali le figure di mamma e papà, tutto ciò che loro fanno e tutto ciò che loro indicano è giusto fare. Se mamma e papà, o chi per loro, non sono soddisfatti di me e del mio modo di essere, io rischio l’abbandono e per il bimbo abbandono equivale alla morte.
Ma parlando di consumismo non si può non parlare di “oggetti”; anche la psicologia ne parla, seppur in modo diverso. L’”oggetto” d’amore e di desiderio per il bambino è la propria madre e quindi il suo amore. Passata una prima fase in cui è giusto che mamma e bambino siano in simbiosi, il bambino deve imparare ad avere dei suoi spazi e dei suoi momenti. È questo il motivo di massima che fa dire a tanti pedagogisti di lasciare che il bambino a volte pianga anche un po’ da solo nella culla e nel lettino e inizi a capire di cosa ha bisogno, a gestire la frustrazione e ad auto-consolarsi  (magari gorgheggiando, canticchiando, coccolandosi…). Se noi interponiamo a tutte queste fasi  continuamente la presenza di un oggetto esterno, inanimato e onnipresente, facciamo in modo che il bambino non superi  queste fasi nel modo più naturale possibile. Ad esempio, l’ansia di esserci o non esserci della madre può cercare un oggetto consolatorio di cui il bambino non ha bisogno e sviluppare in lui, invece una “dipendenza dell’avere”. Crescendo imparerà che vale chi ha e non chi prova, gestisce, crea, esprime e rinuncia. Lo sviluppo dell’identità del sé non passa attraverso” l’oggetto mamma”, ma i suoi surrogati di plastica e altro. Da questo alla dipendenza il passo è breve. Non aver imparato a gestire la frustrazione provoca una confusione del Sé: non si sa bene più chi si è e di che cosa si ha realmente bisogno, e in particolar modo nei momenti in cui si passano naturalmente alcune crisi dovute all’età, ad esempio durante l’adolescenza o in età adulta, in momenti particolarmente stressanti e di transizione, si ricerca la propria identità attraverso il possesso di un oggetto, magari di moda, in modo da ricercare anche l’accettazione del gruppo, della società e quindi il suo riconoscimento.
La scienza psicologica guida i pubblicitari nella scelta dei colori, immagini e suoni per guidare le nostre scelte, ma ci aiuta anche a uscire da una situazione di dipendenza dal consumismo. La psicologia del ragionamento e della decisione è un tipo di psicologia che consente  di comprendere le strategie della decisione del consumatore nei suoi aspetti non logici, evidenziando le differenze rispetto ad un processo logico. Queste differenze rendono conto del come il consumatore possa difendere per esempio scelte di acquisto irragionevoli sul piano logico (cambiare automobile quando quella che ha funziona ancora bene); ci aiuta a comprendere i processi di autogiustificazione per legittimare scelte non sostenibili su un piano meramente pratico o di vantaggio economico.

Alla fine mi viene da concludere che un bambino di oggi potrà essere un consumatore più o meno responsabile a secondo il modo in cui  noi adulti sappiamo gestire o meno le nostre ansie, anche nei loro confronti.

Nessun commento:

Posta un commento