Il bambino consumista! Detto così sembra che stiamo parlando
di un essere che utilizza tutto il suo potere e la sua scelta decisionale per
essere un consumista. In realtà non è così. Il bambino non può essere
consumista se non è indotto ad esserlo, per vari motivi. Il primo è che, anche
se ha una sua capacità decisionale fin dai primi giorni di vita, utilizza
questa per scelte di sopravvivenza e non certo per scelte filosofiche o in
questo senso, di vita. Inoltre perché, proprio per la sua sopravvivenza, sono
fondamentali le figure di mamma e papà, tutto ciò che loro fanno e tutto ciò
che loro indicano è giusto fare. Se mamma e papà, o chi per loro, non sono
soddisfatti di me e del mio modo di essere, io rischio l’abbandono e per il
bimbo abbandono equivale alla morte.
Ma parlando di consumismo non si può non parlare di
“oggetti”; anche la psicologia ne parla, seppur in modo diverso. L’”oggetto”
d’amore e di desiderio per il bambino è la propria madre e quindi il suo amore.
Passata una prima fase in cui è giusto che mamma e bambino siano in simbiosi,
il bambino deve imparare ad avere dei suoi spazi e dei suoi momenti. È questo
il motivo di massima che fa dire a tanti pedagogisti di lasciare che il bambino
a volte pianga anche un po’ da solo nella culla e nel lettino e inizi a capire
di cosa ha bisogno, a gestire la frustrazione e ad auto-consolarsi (magari gorgheggiando, canticchiando,
coccolandosi…). Se noi interponiamo a tutte queste fasi continuamente la presenza di un oggetto
esterno, inanimato e onnipresente, facciamo in modo che il bambino non
superi queste fasi nel modo più naturale
possibile. Ad esempio, l’ansia di esserci o non esserci della madre può cercare
un oggetto consolatorio di cui il bambino non ha bisogno e sviluppare in lui,
invece una “dipendenza dell’avere”. Crescendo imparerà che vale chi ha e non
chi prova, gestisce, crea, esprime e rinuncia. Lo sviluppo dell’identità del sé
non passa attraverso” l’oggetto mamma”, ma i suoi surrogati di plastica e
altro. Da questo alla dipendenza il passo è breve. Non aver imparato a gestire
la frustrazione provoca una confusione del Sé: non si sa bene più chi si è e di
che cosa si ha realmente bisogno, e in particolar modo nei momenti in cui si
passano naturalmente alcune crisi dovute all’età, ad esempio durante l’adolescenza
o in età adulta, in momenti particolarmente stressanti e di transizione, si
ricerca la propria identità attraverso il possesso di un oggetto, magari di
moda, in modo da ricercare anche l’accettazione del gruppo, della società e
quindi il suo riconoscimento.
La scienza psicologica guida i pubblicitari nella scelta dei
colori, immagini e suoni per guidare le nostre scelte, ma ci aiuta anche a
uscire da una situazione di dipendenza dal consumismo. La psicologia del
ragionamento e della decisione è un tipo di psicologia che consente di comprendere le strategie della decisione
del consumatore nei suoi aspetti non logici, evidenziando le differenze
rispetto ad un processo logico. Queste differenze rendono conto del come il
consumatore possa difendere per esempio scelte di acquisto irragionevoli sul
piano logico (cambiare automobile quando quella che ha funziona ancora bene);
ci aiuta a comprendere i processi di autogiustificazione per legittimare scelte
non sostenibili su un piano meramente pratico o di vantaggio economico.
Alla fine mi viene da concludere che un bambino di oggi
potrà essere un consumatore più o meno responsabile a secondo il modo in cui noi adulti sappiamo gestire o meno le nostre
ansie, anche nei loro confronti.
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